Il senso della Pasqua per chi non crede

Proponiamo una bella riflessione sulla Pasqua di Carlo Maria Martini, cardinale emerito di Milano, pubblicata su Avvenire lo scorso 15 aprile.

Mentre il Natale suscita istintivamente la��immagine di chi si slancia con gioia (e anche pieno di salute) nella vita, la Pasqua A? collegata a rappresentazioni piA? complesse. A? la vicenda di una vita passata attraverso la sofferenza e la morte, di una��esistenza ridonata a chi la��aveva perduta. PerciA?, se il Natale suscita un poa�� in tutte le latitudini (anche presso i non cristiani e i non credenti) una��atmosfera di letizia e quasi di spensierata gaiezza, la Pasqua rimane un mistero piA? nascosto e difficile. Ma tutta la nostra esistenza, al di lA� di una facile retorica, si gioca prevalentemente sul terreno della��oscuro e del difficile. Penso soprattutto, in questo momento, ai malati, a coloro che soffrono sotto il peso di diagnosi infauste, a coloro che non sanno a chi comunicare la loro angoscia, e anche a tutti quelli per cui vale il detto antico, icastico e quasi intraducibile, senectus ipsa morbus, A�la vecchiaia A? per sua natura una malattiaA�. Penso insomma a tutti coloro che sentono nella carne, nella psiche o nello spirito lo stigma della debolezza e della fragilitA� umana: essi sono probabilmente la maggioranza degli uomini e delle donne di questo mondo.Per questo vorrei che la Pasqua fosse sentita soprattutto come un invito alla speranza anche per i sofferenti, per le persone anziane, per tutti coloro che sono curvi sotto i pesi della vita, per tutti gli esclusi dai circuiti della cultura predominante, che A? (ingannevolmente) quella dello A�star beneA� come principio assoluto. Vorrei che il saluto e il grido che i nostri fratelli della��Oriente si scambiano in questi giorni, A�Cristo A? risorto, Cristo A? veramente risortoA�, percorresse le corsie degli ospedali, entrasse nelle camere dei malati, nelle celle delle prigioni; vorrei che suscitasse un sorriso di speranza anche in coloro che si trovano nelle sale di attesa per le complicate analisi richieste dalla medicina di oggi, dove spesso si incontrano volti tesi, persone che cercano di nascondere il nervosismo che le agita.

La domanda che mi faccio A?: che cosa dice oggi a me, anziano, un poa�� debilitato nelle forze, ormai in lista di chiamata per un passaggio inevitabile, la Pasqua? E che cosa potrebbe dire anche a chi non condivide la mia fede e la mia speranza? Anzitutto la Pasqua mi dice che A�le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrA� essere rivelata in noiA� (Rom 8,18). Queste sofferenze sono in primo luogo quelle del Cristo nella sua Passione, per le quali sarebbe difficile trovare una causa o una ragione se non si guardasse oltre il muro della morte. Ma ci sono anche tutte le sofferenze personali o collettive che gravano sulla��umanitA�, causate o dalla cecitA� della natura o dalla cattiveria o negligenza degli uomini.

Bisogna ripetersi con audacia, vincendo la resistenza interiore, che non ca��A? proporzione tra quanto ci tocca soffrire e quanto attendiamo con fiducia. In occasione della Pasqua vorrei poter dire a me stesso con fede le parole di Paolo nella seconda Lettera ai Corinzi: A�Per questo non ci scoraggiamo, ma anche se il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno. Infatti il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantitA� smisurata ed eterna di gloria, perchA� noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili. Le cose visibili sono da��un momento, quelle invisibili sono eterneA�.

Tutto questo richiede una grande tensione di speranza. PerchA�, come dice ancora san Paolo, A�nella speranza noi siamo salvati. Ora, ciA? che si spera, se visto, non A? piA? speranzaA� (Rom 8,24). Sperare cosA� puA? essere difficile, ma non vedo altra via di uscita dai mali di questo mondo, a meno che non si voglia nascondere il volto nella sabbia e non voler vedere o pensare nulla. PiA? difficile A? perA? per me esprimere che cosa puA? dire la Pasqua a chi non partecipa della mia fede ed A? curvo sotto i pesi della vita. In questo mi vengono in aiuto persone che ho incontrato e in cui ho sentito come una scaturigine misteriosa, che le aiuta a guardare in faccia la sofferenza e la morte anche senza potersi dare ragione di ciA? che seguirA�. Vedo cosA� che ca��A? dentro tutti noi qualcosa di quello che san Paolo chiama A�speranza contro ogni speranzaA� (Lettera ai Romani, 4,18), cioA? una volontA� e un coraggio di andare avanti malgrado tutto, anche se non si A? capito il senso di quanto A? avvenuto.

A? cosA� che molti uomini hanno dato prova di una capacitA� di ripresa che ha del miracoloso. Si pensi a tutto quanto A? stato fatto con indomita energia dopo lo tsunami del 26 dicembre 2004 o dopo la��inondazione di New Orleans provocata dalla��uragano Katrina nella��agosto successivo. Si pensi alle energie di ricostruzione che sorgono come dal nulla dopo la tempesta delle guerre. Si pensi alle parole che la ventottenne Etty Hillesum scrisse il 3 luglio 1942, prima di essere portata a morire ad Auschwitz: A�Io guardavo in faccia la nostra distruzione imminente, la nostra prevedibile miserabile fine, che si manifestava giA� in molti momenti ordinari della nostra vita quotidiana.

A? questa possibilitA� che io ho incorporato nella percezione della mia vita, senza sperimentare quale conseguenza una diminuzione della mia vitalitA�. La possibilitA� della morte A? una presenza assoluta nella mia vita, e a causa di ciA? la mia vita ha acquistato una nuova dimensioneA�. Per queste cose non ci si puA? affidare alla scienza, se non per chiederle qualche strumento tecnico: al massimo essa permette un debole prolungamento dei nostri giorni. La��interrogativo A? invece sul senso di quanto sta avvenendo e piA? ancora sulla��amore che A? dato di cogliere anche in simili frangenti. Ca��A? qualcuno che mi ama talmente da farmi sentire pieno di vita persino nella debolezza, che mi dice A�io sono la vita, la vita per sempreA�.

O almeno ca��A? qualcuno al quale posso dedicare i miei giorni, anche quando mi sembra che tutto sia perduto. A? cosA� che la risurrezione entra nella��esperienza quotidiana di tutti i sofferenti, in particolare dei malati e degli anziani, dando loro la possibilitA� di produrre ancora frutti abbondanti a dispetto delle forze che vengono meno e della debolezza che li assale. La vita nella Pasqua si mostra piA? forte della morte ed A? cosA� che tutti ci auguriamo di coglierla.

Carlo Maria Martini

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